Forme di saluto
In tutte le Terre Spezzate, la stretta di mano è una forma di saluto tra pari conosciuta ed accettata. Parimenti, inchinarsi poggiando il ginocchio destro a terra quando si saluta o si viene presentati a un superiore è un'usanza universale. Se l'interlocutore appartiene alla classe immediatamente inferiore, il superiore può interrompere l'inchino e accettare un saluto tra pari, in segno di stima e fratellanza. Per contro una simile libertà nei confronti di un uomo di estrazione sociale più bassa è umiliante per ambo le parti. Un Principe che saluta da proprio pari un proprio Barone è un raro ma non infrequente privilegio, un Barone che faccia altrettanto con un popola-no è sconveniente.
Per un uomo libero, anche gli esponenti del clero, nonché chi ricopre cariche prestigiose come quelle fornite da Autorità (un mago di corte, un ricco mercante, un ufficiale militare, il capomastro di una corporazione), possono essere considerati superiori, ma non è sempre detto. Abati, Vescovi e Tetrarchi sono consi-derati rispettivamente pari a Cavalieri, Baroni e Principi.
Non bisogna dimenticare però che esistono diverse forme di saluto locali, che spesso vengono utilizzate anche con i forestieri finendo con il generare qualche incomprensione:
Castelbruma e Altabrina
Tra i Bruti del Nord, e presso i Brinnici, la stretta di mano avviene alla base del pollice (come gli alternativi nda).
Valleterna
A Valleterna tutti i gentiluomini (non solo nobili e Cavalieri, ma chiunque non voglia essere considerato un bifolco) non stringono la mano, ma accennano appena un inchino tenendo il pugno destro sul cuore. Stessa cosa va fatta, appoggiando il ginocchio a terra, dinanzi a un superiore.
Nenuvaar
Qu
est'usanza è probabilmente di origine elfica, difatti i Nenuvareen e in generale gli Eredi la condividono, con la differenza però che portano entrambe le mani, la sinistra chiusa attorno al pugno destro, sul petto. Inoltre l'etichetta Nenuvareen prevede che si abbassi lo sguardo solo per pregare, quindi l'inchino è sempre a testa alta. Naturalmente tutti gli Eredi salvo i più orgogliosi osservano le usanze altrui quando si inchinano a un superiore di un altro Principato.
Meridia e Venalia
A Meridia e Venalia la stretta di mano è sostituita da un lieve inchino accompagnato da un cenno con la mano destra aperta, che tocca il cuore e poi si allarga in segno di ospitalità. Con un superiore, l'inchino è completo, il braccio destro resta allargato e si appoggia il ginocchio a terra. Inoltre per nessun motivo chi si inginocchia si rialzerà, chiuderà il braccio o alzerà lo sguardo, finché non gli verrà comandato espressamente di farlo.
Saluti in situazioni particolari
A Corona del Re, Venalia, Neenuvar e Castelbruma, è costume tra i commilitoni salutarsi stringendosi reciprocamente il polso destro anziché la mano. Quest'usanza esiste anche a Valleterna, ma è considerata in qualche modo volgare.
A Castelbruma ed Altabrina porgere la mano sinistra anziché la destra è un segno di riappacificazione, e sottolinea l'intenzione di non combattere di chi lo fa. Questo perchè, se porgere la mano destra vuota fa capire di non portare armi, porgere la sinistra significa che non si porta neanche lo scudo, ovvero si rinuncia a ogni difesa
lasciando l'altro libero di colpire con la destra. Viene spesso usato in situazioni di tensione, o subito dopo una tregua.
Per contro, a Valleterna e a Corona del Re, la mano sinistra è considerata la mano del cuore, e solo due giovani promessi possono salutarsi stringendola. Porgere la mancina ad un uomo sposato da parte di una donna è considerato sguaiato e volgare, compiere tale gesto nei confronti di una donna sposata è una gravissima mancanza di rispetto nei confronti della stessa e di suo marito.
Il “tu” e il “voi”
Il galateo impone di dare il “voi” a tutti i superiori, gli anziani, e tra gentiluomini che non si conoscono. Si dà invece il “tu” agli inferiori e ai pari. Specialmente i commilitoni di pari grado e i gentiluomini di pari lignag-gio, se si conoscono bene, si danno il tu e si chiamano per nome.
Principi, Re e Tetrarchi usano talvolta il plurale maiestatis, e parlano di sé al plurale nei discorsi pubblici. Anche alcuni Baroni fanno la stessa cosa, ma solo nel loro territorio e se sono particolarmente vanaglo-riosi.
Il “lei” non esiste nelle Terre Spezzate, e non deve essere mai utilizzato.